Diffidare l’amministratore di condominio significa indirizzargli un atto formale con il quale uno o più condòmini intimano di porre rimedio a un preciso inadempimento entro un termine perentorio, preannunciando – in difetto – l’avvio delle procedure di revoca assembleare o giudiziale e l’eventuale richiesta di risarcimento. La diffida non va confusa con la semplice lamentela verbale: è un atto giuridico che interrompe i termini di prescrizione, fissa la data di insorgenza della mora e consolida le prove dell’irregolarità, divenendo spesso il preludio a un contenzioso. All’interno della vita condominiale essa assume particolare rilievo perché la riforma del 2012 (legge 220/2012) ha ampliato doveri e responsabilità dell’amministratore, rendendo frequente la necessità di un richiamo formale.
Indice
Quadro normativo di riferimento
L’amministratore è un mandatario con rappresentanza regolato dalle norme generali del mandato (articoli 1703 ss. c.c.) e, in modo speciale, dagli articoli 1129, 1130, 1131 e 1133 del codice civile. Il fulcro è l’articolo 1129, che elenca obblighi puntuali (apertura di un conto corrente dedicato, stipula polizza RC, formazione periodica, tenuta del registro di anagrafe condominiale, rendiconto annuale conforme) e tipizza le cause di revoca automatica o per gravi irregolarità; accanto a esso, gli articoli 1130 e 1131 delineano le attribuzioni e la rappresentanza verso terzi, mentre l’articolo 1133 prevede l’impugnazione delle sue decisioni «entro trenta giorni». La diffida trae legittimazione proprio da questo quadro: serve a contestare la violazione di uno o più doveri e, se non produce l’adempimento, consente di invocare la revoca da parte dell’assemblea o del giudice.
Presupposti e raccolta delle prove
Prima di inviare la diffida è necessario individuare con precisione l’inadempienza. Le irregolarità più ricorrenti riguardano l’omessa convocazione dell’assemblea annuale, il mancato deposito del rendiconto, la gestione non trasparente del conto corrente, la mancata esecuzione delle delibere, l’inerzia di fronte a lavori urgenti o il rifiuto di fornire documenti. È opportuno raccogliere copie delle PEC inviate e rimaste senza risposta, estratti conto che evidenzino movimenti anomali, preventivi non sottoposti all’assemblea o segnalazioni tecniche ignorate. Documentare i fatti con continuità consentirà, se necessario, di dimostrare dinanzi al giudice la “gravità” dell’irregolarità e la perdurante inadempienza dopo la diffida.
Soggetti legittimati e quorum
La diffida può partire da un singolo condomino, da un gruppo o dall’intero consiglio dei condòmini se istituito. La legge non richiede maggioranze preventive: ogni avente diritto può tutelarsi. Tuttavia, quando l’irregolarità incide sulla gestione economica, conviene far sottoscrivere la diffida ad almeno un sesto dei partecipanti al condominio che rappresentino un sesto dei millesimi: è la stessa quota che consente di chiedere all’amministratore la convocazione di un’assemblea straordinaria, e rafforza il peso politico della richiesta.
Redazione e spedizione della diffida
La lettera dev’essere spedita via PEC all’indirizzo professionale dell’amministratore oppure tramite raccomandata A/R; entrambi i mezzi assicurano data certa. Nel corpo si indicano i dati del condomino o del gruppo mittente, la descrizione circostanziata della condotta omissiva, il riferimento agli articoli violati e l’intimazione a provvedere entro un termine congruo, di norma quindici giorni nei casi ordinari, termine che la prassi ritiene minimo ai sensi del codice civile. È altresì opportuno preavvertire che, in mancanza di riscontro, si chiederà la revoca in assemblea o, se necessario, in sede giudiziale, con spese a carico dell’amministratore ai sensi dell’articolo 1129 comma 12. Il documento si conclude con la firma di tutti i diffidanti e l’elenco degli allegati (rendiconto mancante, estratti conto, delibere inattuate). Come esempio è possibile vedere questo fac simile lettera di diffida per l’amministratore di condominio sul sito Nelcondominio.com.
Effetti e obblighi conseguenti dell’amministratore
Dal momento in cui riceve la diffida, l’amministratore entra formalmente in mora: deve adempiere all’obbligazione entro il termine. Se, ad esempio, si contesta la mancata presentazione del rendiconto, dovrà convocare l’assemblea e depositare i documenti; se gli si chiede di aprire il conto dedicato, dovrà comunicare IBAN e banca. In questo lasso di tempo i condòmini possono rifiutarsi di approvare spese straordinarie o di versare il compenso preteso, sostenendo che la gestione è priva di trasparenza. Se l’amministratore ottempera, la diffida raggiunge lo scopo; diversamente, il suo silenzio o un adempimento parziale costituiscono prova della “persistenza” dell’irregolarità, requisito richiesto dal giudice per la revoca coattiva.
Dalla diffida alla revoca assembleare
Quando l’amministratore non risponde, il passo successivo è chiedere la convocazione di un’assemblea. L’articolo 66 disp. att. c.c. consente a un sesto dei partecipanti, portatori di un sesto dei millesimi, di diffidare l’amministratore a convocarla entro dieci giorni. Se egli non provvede, i condomini convocano direttamente. In assemblea la revoca si approva con la stessa maggioranza prevista per la nomina, vale a dire la maggioranza degli intervenuti che rappresenti almeno la metà del valore dell’edificio. La delibera deve motivare le ragioni, allegare la diffida rimasta inefficace e nominare un nuovo amministratore. A tutela della continuità gestionale, la revoca produce effetti immediati, salvo la consegna dei documenti entro trenta giorni.
La via giudiziale in caso di inerzia dell’assemblea
Se l’assemblea non si pronuncia o non raggiunge il quorum, ciascun condomino può ricorrere al tribunale del luogo dove sorge l’edificio. Il giudice, in camera di consiglio, valuta la gravità delle irregolarità alla luce della diffida e degli eventuali solleciti infruttuosi; se accoglie il ricorso, pronuncia decreto di revoca e nomina un amministratore giudiziario. La giurisprudenza recente ha stabilito che la mediazione obbligatoria non è condizione di procedibilità per i giudizi di revoca, trattandosi di procedimento camerale ex art. 1129 comma 11 c.c. Le spese legali, in caso di accoglimento, sono rifuse dal condominio e quest’ultimo può rivalersi sull’amministratore revocato, a meno che non provi di aver agito senza colpa grave.
Riparto delle spese e responsabilità successive
Le spese della diffida (raccomandata, consulenze, pec) ricadono inizialmente sui diffidanti; se la gestione è effettivamente irregolare, potranno chiederne il rimborso al condominio e, in subordine, rivalersi contro l’amministratore. Quando il giudice accerta la grave irregolarità, condanna l’amministratore a rifondere al condominio le somme spese per la procedura di revoca, oltre a eventuali danni patrimoniali conseguenti alla sua cattiva gestione. Ciò vale, per esempio, se l’omessa manutenzione ha aggravato i costi di riparazione o se il mancato recupero dei crediti ha prodotto interessi passivi.
Conclusioni
La diffida è un presidio essenziale per far valere i diritti dei condòmini di fronte a un amministratore inadempiente. Valida solo se dettagliata e circostanziata, deve indicare l’irregolarità contestata, il termine per porvi rimedio e la minaccia di revoca. In assenza di adempimento, il percorso prosegue con la convocazione assembleare e, se necessario, con il ricorso al tribunale, dove la diffida costituirà la prova dell’inottemperanza. Conoscere questo iter consente di agire in modo tempestivo, evitando che piccole inosservanze degenerino in gravi dissesti finanziari o in paralisi decisionale. Un uso corretto della diffida tutela il valore dell’immobile, ristabilisce trasparenza e contribuisce a garantire una gestione condominiale efficiente.
Federica Damiani è una casalinga appassionata di arredamento d'interni e bellezza. Con un occhio attento per i dettagli e una passione per tutto ciò che riguarda la casa, condivide consigli pratici per rendere la tua casa accogliente e bella. Quando non è impegnata a trasformare la sua casa in un'oasi di pace, le piace sperimentare nuovi prodotti di bellezza e condividere i risultati.